«Un rescate per grandi azionisti» – Entrevista Il Manifesto

Jacopo Rosatelli – Il Manifesto – 15/06/2012
 
L’economista Etxezarreta: le banche possono fallire senza gravi conseguenze «Gli istituti vengono salvati per ragioni politiche. La questione dei piccoli risparmiatori è agitata ad arte»
 

«Il potere del capitalismo finanziario è così grande che ormai è diventato di senso comune che il fallimento degli istituti di credito comporterebbe sempre gravi conseguenze. Ma non è così». Miren Etxezarreta, economista marxista, professoressa emerita all’Università Autonoma di Barcellona, è tra le esponenti più note del pensiero critico iberico, e non ha timore a pronunciare parole che suonano quasi come eresia. Proprio mentre il governo di Mariano Rajoy si appresta a iniettare fino a 100 miliardi nel sistema bancario spagnolo, per evitarne il crollo sotto il peso degli attivi «tossici» vincolati alla speculazione immobiliare. «Una banca è too big to fail, troppo grande per cadere, solo in virtù di una decisione politica. Non certo per ragioni economiche: è addirittura l’ultimo rapporto dell’Ocse (Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico) a consigliare di lasciar fallire le entità che sono nelle peggiori condizioni».
Ma se si lasciassero fallire le banche che fine farebbero i soldi dei tantissimi piccoli risparmiatori e azionisti?
Bisogna distinguere. Il denaro dei risparmiatori, di chi ha un conto corrente nelle banche in fallimento, non correrebbe rischi, perché è protetto dal fondo di garanzia dei depositi. Un fondo che, va detto, spesso le banche hanno usato impropriamente e che probabilmente ora andrebbe ingrossato: gli aiuti europei dovrebbero casomai andare lì, e servirebbe molto meno dei 100 miliardi in ballo ora. Quanto ai soldi degli azionisti, bisogna assumere il rischio che comporta avere delle azioni: chi fa questi investimenti non può non saperlo. Chiediamoci: non consideriamo normale che un piccolo negoziante al quale vanno male gli affari debba chiudere il proprio esercizio? Evidentemente sì. E allora perché l’azionista di una banca dovrebbe essere più tutelato di uno dei moltissimi artigiani che sono stati costretti a chiudere bottega negli ultimi anni? Detto questo, non si può perdere di vista che la questione dei piccoli azionisti è agitata ad arte.
In che senso?
Si parla di loro, ma in realtà chi si vuole veramente salvare sono i grandi e grandissimi azionisti: è la loro sorte che interessa davvero ai governi come quello spagnolo. Gli stessi governi che, d’intesa con il capitale finanziario, hanno tutto l’interesse a creare banche enormi, in maniera da poter dire che sono troppo grandi per fallire. Emblematico è il caso dell’entità che è stata nazionalizzata un mese fa, Bankia: nacque a fine 2010 come frutto della fusione di sette più piccole casse di risparmio, già privatizzate e tutte piene di attivi tossici, sotto la regia dell’ex ministro del Partido popular ed ex numero uno del Fmi Rodrigo Rato. Il caso della Catalunya Caixa, istituto di credito con sede a Barcellona, è analogo. Di fronte a scelte politiche come queste, bisogna esigere che i responsabili paghino…
Come sta chiedendo il movimento degli indignados con una serie di campagne già molto seguite in rete (ad esempio https://15mparato.wordpress.com/ per portare in tribunale l’ex presidente di Bankia Rodrigo Rato)… Ma torniamo al cosiddetto «salvataggio» con fondi europei: che cosa comporterà, a suo giudizio?
Nel breve termine nulla di positivo, dal momento che alle entità in via di risanamento non sono state poste condizioni. Per intenderci: non è stato pattuito uno scambio fra gli aiuti e la riapertura dei rubinetti del credito per le classi popolari e le piccole imprese. Il governo dice che accadrà, ma non è scritto da nessuna parte. Nel passato è già successo che le banche abbiano goduto di enormi iniezioni di fondi pubblici, poi utilizzati per fini diversi da quelli della riattivazione dell’economia. Sul lungo periodo, bisognerà vedere cosa accadrà quando gli istituti di credito saranno risanati. Se rimarranno nelle mani dello stato, potrebbe venirne un beneficio per l’economia reale. Ma non bisogna farsi illusioni: dopo essere stati salvati con i soldi pubblici, verranno privatizzati di nuovo. Ho l’impressione che stiamo assistendo a un gigantesca trasformazione di debito privato in debito pubblico.